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Sovrapposizioni e sopravvivenze. Immagini sacre, simboli pagani

...qualsiasi prodotto figurativo ha avuto, nelle varie epoche, la stessa carica espressiva, e anche la stessa complessità di significati, che ha la parola. Ciò cui non può giungere la parola, molto spesso nelle varie civiltà è stato espresso visivamente secondo gusti, inclinazioni, e precisi codici simbolici e iconografici, che con il passare delle generazioni sono stati poi completamente cancellati, dimenticati. Compito dello storico è appunto quello di riscoprire questi significati caduti nell’oblio.

Federico Zeri


Lo studio della storia dell’arte è un lavoro dinamico. Interrogare le immagini del passato nello sforzo di comprendere l’epoca a cui appartengono, e cogliere delle potenziali relazioni col presente significa essere pronti a una continua rilettura e reinterpretazione dei simboli e del loro valore. Significa riconoscere alla storia una fluidità e una molteplicità di prospettive e visioni possibili. Sotto questo punto di vista lo studio dell’iconografia e dell’iconologia è particolarmente interessante. Come scrive lo storico dell’arte Erwin Panofsky, l’iconografia consiste nel riconoscimento del soggetto, mentre l’iconologia è la ricerca del contenuto profondo delle opere, è un veicolo interdisciplinare, un’operazione di traduzione.


Come possiamo pretendere di cogliere il reale significato di un’opera antecedente a noi di secoli? Se ci pensiamo, persino una rivista o una canzone di qualche decennio fa contiene allusioni che già oggi risultano inattuali e poco chiare.


Il divario tra noi e opere d’arte antiche di secoli è enorme. Non si può osservare un dipinto di Tiziano con gli stessi occhi dei suoi contemporanei: una parte importante dei significati di un’opera viene irrimediabilmente persa insieme al passato cui appartiene. Ma un’altra parte di quei significati rimane accessibile, ed è qui che entra in campo l’iconologia, che consiste nella ricerca di elementi che a noi risultano estranei ma all’epoca cui risale l’opera sono plausibili e scontati. Questi elementi hanno una valenza e un significato che può variare a seconda del periodo e dell’uso che se ne fa. In questo senso la sovrapposizione tra cultura pagana e cultura cristiana è un fenomeno esemplare della forza straordinaria che possiedono le immagini e i simboli nella storia medievale e moderna.


Le ricerche di Aby Warburg (1866-1929) si approcciano alla storia delle immagini e delle arti visive più che alla storia dell’arte. Lo studioso si laurea con una tesi su Botticelli in cui analizza la Nascita di Venere (1485-1486) e la Primavera (1478-1482) ricercando le fonti dell’epoca nello sforzo di comprendere il mondo in cui l’artista ha vissuto, senza soffermarsi prettamente sul suo stile. Così Warburg riesce a individuare la presenza de Le Metamorfosi di Ovidio nei dipinti. Nella convinzione che le opere d'arte siano da interrogare come una fonte storica, ritiene imprescindibile consultare poesie, lettere, documenti storici, passi biblici che evocano delle immagini: ai suoi tempi l’idea che le immagini potessero avere un valore simile era pionieristica. Warburg si interessa alla storia della ricezione per cogliere il modo in cui l’Antico è stato capito, ripreso, e poi confuso. Parla della Nachleben der Antike, la vita postuma dell’antico nei secoli successivi: in Occidente infatti la concezione dell’Antico cambia, viene interpretata a seconda dell’epoca.


Come è stata proposta l’immagine sacra e in che modo ha dialogato con le rappresentazioni pagane?


La cultura cristiana si interessa all’arte, utilizza lo strumentario visivo che aveva già disposizione, modificandolo secondo la propria utilità. La Bibbia è un testo molto evocativo a livello visivo, e alcune immagini vengono adattate sovrapponendosi a icone dell’antichità per comunicare determinati messaggi allo spettatore. L’arte cristiana richiede a osservatori di aderire a dei contenuti, di essere pronti a cogliere il simbolo nelle arti figurative. Il testo sacro dunque deve essere allegorizzato: a partire da un evento si ricava un comportamento virtuoso, e i contenuti della fede vengono spesso esplicitati attraverso l’analogia. Nella Cappella Sistina, sommo capolavoro dell’arte religiosa occidentale, ogni episodio della vita di Mosè è posto in relazione a uno di Gesù sulla parete opposta per affermare l’idea che il Vecchio Testamento sia la profezia della venuta di Cristo.


All'inizio si è restii a raffigurare Gesù perché nell’Esodo XX viene espresso il divieto di rappresentare Dio. Il pesce viene usato come simbolo per Cristo, infatti in greco antico la parola “pesce” è ἰχθύς «ησοῦς Χριστός Θεoῦ Υἱός Σωτήρ (Iesùs CHristòs THeù HYiòs Sotèr)» è formata dalle iniziali dell’espressione “Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore” e veniva appunto interpretata come un acrostico. Il pesce è connesso all’acqua, che ha un significato di fede profonda e rimanda a una potente rivoluzione interiore anche perché legata al sacramento del Battesimo, inoltre è legato all’episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci (nella cultura cristiana quando il pane viene rappresentato non è più il pane elargito ai poveri nelle grandi città dell’Impero romano, diviene pane eucaristico). Intorno al 400 d.C, Gesù inizia ad essere rappresentato come un filosofo, un buon pastore che somiglia a Orfeo (personaggio della mitologia greca) circondato da animali e riprende l’immagine greca del moscophoros, “colui che porta il vitello”. La palma, simbolo di trionfo dei condottieri e generali anche in Grecia prima ancora che a Roma, diviene simbolo del martirio. L’elemento visivo è lo stesso, è il significato a cambiare man mano che le civiltà cristiana e pagana si sovrappongono.


Le figure di Venere e Maria sono un esempio affascinante della complessità di questa sovrapposizione. Gli elementi vegetali nel mondo pagano sono spesso connessi con i concetti di fertilità e amore sensuale, mentre nella cultura cristiana assumono un altro significato quando vengono raffigurati con l’immagine mariana: l’hortus conclusus, ovvero il giardino recintato, viene identificato con la purezza della Vergine. Nella Madonna Bardi (1485) la Vergine è circondata da un vero e proprio erbario mariano. In quest’opera Botticelli ha curato con precisione ogni pianta per renderla riconoscibile: Maria è incoronata dalla palma (non è propriamente una martire ma è una donna gloriosa) e ai suoi lati c’è il mirto, pianta sacra a Venere che in questo contesto indica l’unione spirituale con Dio. Molte delle piante raffigurate nel dipinto in passato erano dedicate a Venere: la rosa in primis, che viene associata alla Vergine sia per il rosario che per il mese di maggio. Nella Nascita di Venere di Botticelli viene rappresentata una variante del mito secondo cui la rosa è nata insieme a Venere: un soffio di ambrosia, il nettare degli dei, ha fecondato e fatto fiorire la rosa. Botticelli rappresenta quindi a un soffio fiorito di rose che porta la dea a riva. In un episodio narrato anche da Ovidio nelle Metamorfosi dal sangue di Adone scaturisce una rosa che le lacrime e il sangue di Venere macchiano di rosso. Un’altra versione del mito è narrata nell’ Hypnetoromachia Poliphilii (1499): la dea, cercando di difendere l’amato Adone dal cinghiale inviato da Marte per gelosia, si punge sulla rosa che si colora di rosso per il suo sangue. Giulio Romano rappresenta questa variante a Palazzo Te nella Sala di Psiche (1426-28).


Piero della Francesca, Sacra Conversazione, 1472-1474, tempera e olio su tavola, 251×173 cm, Pinacoteca di Brera

L’amore e la morte sono tra le più evidenti ragioni di metamorfosi: portano a una trasformazione in un elemento naturale e da essa deriva l’associazione a un personaggio o una vicenda mitologici. Artisti e committenti scelgono la parte del mito che più di adatta al proprio interesse. La conchiglia è un altro elemento associato sia a Venere che a Maria. Nel dipinto botticelliano Venere approda sulla spiaggia di Cipro trasportata da una conchiglia bianca, e nella Pala di Brera (1472-1474) di Piero della Francesca c’è una conchiglia rovesciata scolpita sulla volta sopra la Vergine. Simbolo di perfezione e bellezza, connessa al mare e all’acqua, la conchiglia rimanda al potere generativo femminile. Le due figure si sovrappongono: la femminilità nell’Antico è Venere, nel mondo cristiano è Maria.

Le forme di appropriazione e reinterpretazione di simboli pagani preesistenti da parte della cultura cristiana per comunicare coi fedeli ci fanno intuire l’importanza del ruolo ricoperto dall’arte nel corso del Medioevo e dell’Età Moderna. Attraverso le immagini vengono affermate delle idee, trasmessi dei valori e proposti degli insegnamenti morali. L’intrecciarsi di simboli e icone che si fondono e riemergono col passare del tempo ci insegna che, in fondo, attribuiamo alle cose il significato che gli vogliamo attribuire e vediamo solo ciò che siamo pronti (e portati) a vedere.



Bibliografia


Erwin Panofsky, Studi di iconologia. I temi umanistici nell'arte del Rinascimento, Einaudi, Torino, 1975


Aby Warburg, La rinascita del paganesimo antico e altri scritti (1899-1914), Aragno, 2003


Federico Zeri, Dietro l’immagine, Neri Pozza Editore, Vicenza, 1998


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