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Michelangelo e Tommaso de’ Cavalieri: «lo smisurato amore che io vi porto»

Le fonti storiche vanno sempre prese con le pinze: per parlare dell’amore omosessuale tra Michelangelo e Tommaso de’ Cavalieri, per esempio, ci sono voluti secoli di censure, reinterpretazioni e giri di parole. Oggi, per fortuna, è tutto un po’ più chiaro.


Dal 1527, dopo la devastazione del Sacco di Roma, anche i cittadini fiorentini, tra cui Michelangelo Buonarroti, avevano ristabilito una Repubblica cacciando i Medici dal governo. Due anni dopo, pur di non far finire Firenze sotto lo scacco dell’imperatore Carlo V, il Papa Clemente VII fa di tutto per far rientrare i Medici, di cui faceva parte. Dopo un anno di assedio, qualche partita di calcio fiorentino e una serie di firme, Firenze torna ad essere un Ducato, sotto il comando di Cosimo I de’ Medici.


Michelangelo, sebbene alcuni dei suoi più prestigiosi clienti siano i membri della famiglia Medici, ha da sempre simpatizzato per la Repubblica. Durante l’assedio disegna le fortificazioni per difendere la città. Al ristabilirsi del ducato, è sicuro di aver perso i suoi committenti.


Tuttavia, il papa lo perdona molto velocemente: deve finire diversi lavori, tra cui la tomba di Giulio II, nella basilica di San Pietro in Vincoli, a Roma. Un lavoro infinito: il primo contratto risaliva al 1505. Nel 1532, alla quarta firma riguardo alla tomba di un papa morto ormai da vent’anni, per Michelangelo è difficile non continuare a procrastinare. Infatti, quell’anno, Michelangelo si innamora.


In questi anni scrive poemi e realizza dei disegni che, a partire dalla propria biografia, saranno propedeutici al cantiere della Cappella Sistina. Lo scultore toscano a 57 anni conosce la sua musa: il ventitreenne, “bellissimo”, affascinante e “virtuoso” Tommaso de’ Cavalieri.


Tutti parlano di Tommaso, che nella vita di Michelangelo diventa una figura fondamentale, tanto da restargli intimamente amico fino al giorno della sua morte. Per la sua importanza nella vita dell’artista, finisce pure nelle Vite di Vasari, e Benedetto Varchi, nel 1547, lo descrive spiegando che più lo si conosce, più lo si ama, per la «incomparabile bellezza del corpo, tanta leggiadria di costumi & così eccellente ingegno».


La politica passa in secondo piano per Michelangelo: i primi anni Trenta del Cinquecento sono per l’artista un periodo di ricerca poetica. I temi di questi anni sono l’amore, la perfezione celeste, la passione, la virtù, il vizio. Nei suoi studi si scovano Dante, Petrarca e Boccaccio, ma anche Platone. E il mito greco.


La cultura del Rinascimento italiano ricalca quella classica greco-romana non solo da un punto di vista estetico o formale. L’intellettuale del Rinascimento cerca nell’antico anche delle risposte alla vita umana, attraverso il filtro della tradizione cristiana, ritrovando tali risposte nella filosofia Neoplatonica. E così è per Michelangelo.


L’amore omoerotico, soprattutto tra un uomo adulto ed un giovane, era stato uno dei pilastri della società cretese e non solo. Nel mito, l’origine di questo amore si trova nella storia di Ganimede, l’uomo più bello che fosse mai esistito tra i mortali dei tempi mitici - proprio come viene descritto Tommaso, non solo da Michelangelo. Si innamorano di Ganimede anche i re Minosse e Tantalo, e il suo fascino non risparmia neppure il molesto Zeus, che, infatti, lo rapisce sotto sembianze di un’aquila , portandolo sull’Olimpo e rendendolo il suo amante.


Il giovane Tommaso è un ammiratore di Michelangelo, e dal loro primo incontro i due iniziano a parlare di poesia, arte e religione. Il venerando Michelangelo inizia a istruire il giovane, che vuole imparare le tecniche del disegno. Così, l’artista inizia a scrivergli e a inviargli anche alcuni disegni, con la scusa che possano essere utilizzati per lo studio. Ma quei bozzetti non rappresentano soggetti qualsiasi, bensì sono realizzati specificamente per Tommaso, proprio riprendendo il mito omoerotico di Ganimede.




Michelangelo, Rapimento di Ganimede, c. 1532, pietra nera su carta, 180 x 248 mm, Reale Galleria degli Uffizi


Un giovane uomo dal corpo muscoloso, com’era tipico per Michelangelo, è rapito violentemente dall’aquila-Zeus. Non c’è paesaggio, perché l’azione si compie nel cielo: un’anticipazione di come verranno rappresentati i corpi del Giudizio Universale di qualche anno dopo. L’aquila è aggressiva, e il corpo del giovane prende, nei diversi bozzetti, posizioni contorte dall’altissimo richiamo omoerotico.


Una lettera di Michelangelo per Tommaso suonava tipicamente così:


«posso prima dimenticare il cibo di che io vivo, che nutrisce solo il corpo infelicemente, che il nome vostro, che nutrisce il corpo e l’anima, riempiendo l’uno e l’altra di tanta dolcezza, che né noia né timor di morte […], posso sentire.»


Tommaso si sposa nel 1548, ma la relazione di amicizia e passione con Michelangelo continua fino alla morte dell’artista, che avviene nel 1564, all’età di 89 anni. Durante gli anni, le poesie che scrive per il ragazzo hanno questo tono:


Vorrei voler, Signor, quel ch’io non voglio:

tra ’l foco e ’l cor di ghiaccia un vel s’asconde

che ’l foco ammorza, onde non corrisponde

la penna all’opre, e fa bugiardo ’l foglio.

I’ t’amo con la lingua e poi mi doglio

ch’amor non giunge al cor; né so ben onde

apra l’uscio alla grazia che s’infonde

nel cor, che scacci ogni spietato orgoglio. [...]


La critica ci ha messo letteralmente secoli ad accettare lo stato delle cose, ingarbugliandosi in difficilissimi tranelli filologici e filosofici, che, seppur in parte non negabili, rischiano di risultare come inutili complicazioni.


Michelangelo Buonarroti il Giovane, pronipote dello scultore, si occupa in prima persona delle rime e delle lettere dello zio. Nonostante ammetta che il corpus di poesie «risguarda, come si conosce chiaramente, amor platonico virile», dichiara quanto sia meglio camuffare la cosa, e compie una vera e propria epurazione del testo, modificando il genere del destinatario, dal maschile al femminile. La figura di Tommaso rimane misconosciuta fino al 1726, quando Domenico Maria Menni riprende il testo del pronipote e lo confronta con quello di Benedetto Varchi, che presentavano le rime originali.


Dal 1860 sempre più testi che negano abilmente l’evidenza. Cesare Guasti esplicita quanto la morale sia più importante “di una variante”, e insiste sul fatto che ai tempi fosse normale chiamare una donna ‘’Signore’’. La donna di riferimento è Vittoria Colonna, amica di Michelangelo che venne per anni considerata (a tavolino) la destinataria delle poesie dell’artista. Aurelio Gotti nel 1875 insiste scrivendo che «La mente e il cuore di Michelangelo non potevano dettare questa lettera pel giovane romano, se non aiutati dall’immaginativa, accesa dall’amore per una donna». Nella lettura di Marcella Marongiu, il recupero dei testi michelangioleschi “al femminile” coincide con la reinterpretazione delle fonti della cultura italiana in chiave risorgimentale, dove la virilità doveva essere rintracciata come valore “italiano” - anche se con delle palesi forzature, come nel caso di Michelangelo.


Nei primi del Novecento, la realtà del rapporto tra Michelangelo e Tommaso si fa più esplicita, ma immersa in letture psicanalitiche che ne parlano in termini di ossessione patologica, più che di amore. Ancora nel 1924, nonostante la critica tedesca e francese siano sempre più convinte che il destinatario delle lettere fosse Tommaso, in Italia Fortunato Rizzi scrive ancora che è «naturale che il sesso non c’entri per nulla, anzi che debba esser trascurato».


Negli anni Trenta la teoria neoplatonica si fa più concreta per spiegare il sentimento contrastante di virtù e vizio che strazia Michelangelo. Lo storico dell’arte Erwin Panofsky applica però la filosofia neoplatonica a quasi tutta la produzione dell’artista fiorentino, facendola diventare una teoria molto popolare e un po’ semplicistica.


Solo nel 1950, con il testo di Thomas Mann Die Erotik Michelangelos, Tommaso viene preso in considerazione senza inutili interpretazioni retoriche. I disegni dedicati a Tommaso, insieme alle Rime, sono oggi un virtuosissimo esempio della poetica omosessuale del XVI secolo.


Michelangelo, Rime, 8

Come può esser ch'io non sia più mio?

O Dio, o Dio, o Dio,

chi m'ha tolto a me stesso,

c'a me fusse più presso

o più di me potessi che poss'io?

O Dio, o Dio, o Dio,

come mi passa el core

chi non par che mi tocchi?

Che cosa è questo, Amore,

c'al core entra per gli occhi,

per poco spazio dentro par che cresca?

E s'avvien che trabocchi?

Bibliografia


Marcella Marongiu, Nuova luce su Michelangelo: oblio e riscoperta di Tommaso de’ Cavalieri, in “Tommaso de' Cavalieri arbitro del gusto nella Roma della seconda metà del Cinquecento”, Atti della Giornata di Studi (Roma, Gallerie Nazionali di Arte Antica, Palazzo Barberini, 18 dicembre 2019), 2020


Michelangelo Buonarroti, Rime, (a cura di) Paolo Zaja, BUR, 2010, Milano


James A. Connor, The Last Judgment. Michelangelo and the Death of the Renaissance, Palgrave, Macmillan, 2009


James J. Wilhelm, Gay and lesbian poetry. An Anthology from Sappho to Michelangelo, Routledge, 1995


Alexander Lee, The Ugly Renaissance: Sex, Greed, Violence and Depravity in an Age of Beauty, Arrow Books, 2014, London




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