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L'arte della Rivoluzione russa: Varvara Stepanova

Qual è stata l’arte della Rivoluzione russa? E chi furono le artiste che innescarono la rivoluzione estetica? Prima che il Realismo socialista diventasse il movimento prediletto dai paesi comunisti, fu il costruttivismo a rappresentare la Rivoluzione.


Il pensiero romantico europeo aveva fossilizzato la teoria artistica nel concetto di art pour l’art, arte fine a sé stessa, e al godimento estetico e poetico: un’arte che per i paesi comunisti rappresentava la tanto incriminata borghesia. In Russia, l’Ottocento era stato intriso di realismo. Agli inizi del Novecento, i giovani intellettuali e artisti russi vollero allontanarsi sempre di più da quel realismo, e lo fecero fondando un movimento d’avanguardia dopo l’altro.


Nel 1909 nacque il raggismo, che inaugurò la stagione astratta. Nel 1913, Malevic iniziò a sperimentare l’utilizzo di forme e colori puri arrivando poi al Manifesto del Suprematismo nel 1915.


Nel 1920, venne firmato il primo “Programma del gruppo produttivista”, che proponeva un’arte utile, anti-individualista, riproducibile e fruibile dalla massa, per distruggere l’elitarismo del dipinto da museo. Il termine Produttivismo divenne presto sinonimo di Costruttivismo.


L’arte dei costruttivisti era a servizio della società e della rivoluzione. Ciò che a oggi è considerato il primo manifesto costruttivista fu sottoscritto da Vladimir Evgrafovič Tatlin , con alcuni colleghi e colleghe come Alexander Rodchenko e Varvara Stepanova. Tatlin esortava l’artista ad occuparsi della produzione di pubblicità, caratteri tipografici, della produzione industriale e architettonica. Ad oggi, lo definiremmo uno dei fondatori morali dell’industrial design.


Con la fondazione del Gruppo di lavoro dei costruttivisti si frantumava ogni rapporto con gli artisti che avevano pubblicato il Manifesto del Realismo, al quale Tatlin, Rodchenko, Stepanova e gli altri risposero così:

  1. Abbasso l’arte, viva la tecnica

  2. La religione è menzogna, l’arte è menzogna

  3. Si uccidono anche gli ultimi resti del pensiero umano, legandolo all’arte

  4. Abbasso il mantenimento delle tradizioni artistiche, viva il tecnico costruttivista

La cultura tradizionale era stata così rimpiazzata da quella del progresso e della tecnologia. I costruttivisti si ispirano al futurismo italiano e alla scomposizione cubista di Parigi, rapportandosi con materiali facilmente riproducibili e reperibili, come i materiali da costruzione, oppure ricorrendo alla tecnica del collage.


Nel 1923 lo scrittore Osip Brik, nel saggio Dal quadro al tessuto stampato, si fa portavoce dell’arte detta anche produttivista, che aveva come obiettivo quello di definire il ruolo socialmente utile dell’arte. Il quadro, secondo Brik, era il simbolo per eccellenza dell’arte capitalista: futile, estetizzante, unico, e per questo non consono alla produzione artistica comunista. L’artista costruttivista cercava così di allontanarsi dall’arte tradizionale, per sperimentare nuove tecniche di diffusione del prodotto artistico che permettessero una fruizione più universale grazie alla loro riproducibilità. La tecnica del fotomontaggio, per esempio, plasmò per anni l’estetica dei manifesti propagandistici e pubblicitari. Un altro media che portò a una rivoluzione dell’arte sovietica fu sicuramente il tessuto, utilizzato per abbigliamento e arredamenti, che si accompagnava alla rivalutazione dei nuovi materiali industriali per il design.


Un’altra delle cesure con l’arte accademica fu la volontà di abolire la dicotomia tra arti “maggiori” e “minori”, una gerarchia che, anche qui, era sentita come pratica aristocratica e borghese. L’arte applicata in Unione Sovietica, tra anni Dieci e Venti, diventò così l’arte per eccellenza, cercando di rendere l’oggetto artistico un oggetto quotidiano. L’Illustrazione, la grafica industriale, la moda, si elevano grazie alla loro vicinanza al popolo.


Allontanarsi dalla cultura tradizionale e borghese non significava, infatti, offuscare la cultura popolare. L’artista costruttivista voleva dare respiro alla Proletkult: il suo teorico, Aleksandr Aleksandrovič Bogdanov, anche detto Malinovskij, auspicò la totale scomparsa della cultura borghese e dell’arte stessa, perché concetto individualistico. Nonostante le innovazioni, agli albori dell’Unione Sovietica si provava comunque a mantenere una connessione con la tradizione, seppure in modo sottile: per esempio, appendendo le opere nell’angolo delle stanze come si faceva con le icone ortodosse. Oppure, mantenendo tradizionalmente le donne nell’ambito decorativo. Le artiste russe come Nataljia Goncarova, Alexandra Kol’kova-Bycova e Varvara Stepanova virarono infatti verso la scenografia, la moda e l’industria tessile.


Varvara Fyodorovna Stepanova nasce in Russia da una famiglia di servitori dello stato. Dal 1910 studia alla scuola d’arte di Kazan, dove incontra il futuro marito e collaboratore Alexander Rodchenko. I suoi ambiti di lavoro furono vari: lavorò nella grafica, scrisse poesie di stampo futurista, disegnò e realizzò modelli per un abbigliamento pratico e innovativo, creò lei stessa i pattern delle stoffe e applicò alla sua pratica ciò che era in nuce al manifesto costruttivista: Varvara Stepanova può essere un’artista ai nostri occhi, ma lei si riteneva una tecnica.


Tra 1923 e 1924 lavora presso la Fabbrica dei cotoni stampati numero 1, la prima fabbrica di cotone di Stato, insieme alla collega avanguardista Liubov Popova, che morirà proprio nel 1924. L’obiettivo di Stepanova e Popova all’interno della fabbrica di cotone era quello di creare dei motivi decorativi geometrici che si discostassero dallo stile tessile prerivoluzionario. La pratica costruttivista si applica finalmente ad una produzione di massa. La loro preparazione artistica, mescolata all’esperienza pragmatica della fabbrica, ebbero una grande influenza sull’arte di propaganda degli anni Trenta. Se, infatti, la commissione artistica con Stalin torna al realismo e alla pittura accademica, le creazioni astratte e costruttiviste non spariscono completamente, ma vengono convogliate nella carta stampata: riviste, libri, manifesti, locandine: l’estetica costruttivista dei tessuti e del collage si riversa nella propaganda.


Varvara Stepanova e Alexander Rodchenko in una foto dell'epoca (CC)


Ma questo primo periodo astratto (1909-1930), che cercava di unire l’arte pre e post-rivoluzionaria, ed era aperto alla sperimentazione, si chiuse con la morte di Lenin. Infatti, dall’avvento del Nazismo e con l’approdo di Stalin, la cultura venne controllata sempre di più dallo Stato senza dare adito all’innovazione. I successivi settant’anni saranno rappresentati infatti dal realismo socialista. Nonostante la volontà di invadere con i motivi costruttivisti il quotidiano delle compagne e dei compagni, il percorso comunitario di Varvara Stepanova venne interrotto da questo riavvicinamento alla pittura accademica. Moltissimi artisti e artiste dovettero scegliere se morire artisticamente, applicando le regole del realismo, oppure di sparire dalla produzione artistica. Ciononostante, il costruttivismo ha avuto, in ambito grafico, un’enorme influenza. Nell’arte contemporanea, influenzerà l’opera di Barbara Kruger degli anni Ottanta e farà nascere diverse mostre dedicate all’arte del manifesto.


Nonostante le lotte di alcuni artisti e teorici, le arti applicate possono ancora essere considerate minori, non tanto nella loro esposizione, ma nel silenzio che gli si riserva. Non sorprende che l’opera di Stepanova sia rimasta misconosciuta fino ad oggi. Alcuni manuali di storia dell’arte in Italia non citano nemmeno questa corrente artistica.

Questa dimenticanza è avvenuta anche nella storia dell’arte, o meglio nella fortuna critica del Novecento, che ha portato i curatori contemporanei a soffermarsi più sui disegni e le poesie futuriste di Stepanova che sui suoi programmi industriali, i tessuti e le grafiche pubblicitarie, rendendo impossibile anche oggi l’obiettivo di fruizione di un’arte “del popolo” e “per il popolo”.


Bibliografia


Mario de Micheli, "L'astrattismo in Russia" in Le avanguardie artistiche del Novecento, Feltrinelli, Milano, 2005,


Marie-Christine Pitre, Quand l’art rencontre l’industrie ou “L’impossible conciliation des inconciliables”: la collaboration des constructivistes-productivistes russes Lioubov Popova et Varvara Stépanova avec une Fabrique de Tissus (1923-1924) - Mémoire, Université du Québec Montréal


Sonia de Puineuf, « Sous l’étoile de l’Armée rouge: Varvara Stepanova et Alexandre Rodtchenko investis dans l’art de la propagande moderne », Cahiers de la Méditerranée, n. 83 | 2011


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