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L'arte della performance: Oscar Masotta e Santiago Sierra a confronto



Non tutta l'arte è fatta per il puro godimento estetico. L'arte può anche far riflettere e contrapporsi alle logiche corrotte della nostra società; l'arte non deve passare inosservata, non deve essere per forza piacevole: deve scuotere gli animi, deve essere politicizzata e rivoluzionaria. Attraverso Oscar Masotta, ieri, e Santiago Sierra, oggi, la Performance per Delega ne è un esempio.


Nel 1959 nacque l’Happening, con opera di Allan Kaprow, 18 Happenings in 6 Parts, New York; How to Make a Happening, 1968. Era una forma d’arte contemporanea nuova che, per la prima volta, si focalizzava sull'evento che si riusciva ad organizzare invece che sull'oggetto. In contemporanea gli si affiancò una tecnica simile, quella della performance art, un’azione artistica interdisciplinare, generalmente presentata ad un pubblico che poteva seguire un copione o no.La performance poteva essere spontanea o pianificata ed inoltre poteva essere eseguita dal vivo o presentata tramite i media: insomma, apriva mille possibilità.


È nel discorso di coinvolgimento dei media che si può inserire la figura di Oscar Masotta (Buenos Aires 1930 – Barcellona 1979), intellettuale, scrittore, critico d’arte e psicanalista argentino. Masotta è conosciuto perché introdusse la dottrina lacaniana in Argentina e perché, dal 1960, fu membro attivo all'interno dell’Istituto Tella di Buenos Aires, epicentro della produzione argentina d’avanguardia degli anni Sessanta e istituzione di ricezione delle correnti artistiche contemporanee del Nord America.


Con un gruppo appartenente a questa istituzione, Masotta mise in scena dei non happening, delle azioni artistiche che si concentravano principalmente nella diffusione mediatica e non sull'azione di per sé, criticando la spettacolarizzazione che gli happening stavano subendo a causa della rilevanza che i media gli riservavano.nel corso della vita, Oscar Masotta, si impegnò nell'arte contemporanea scrivendo di pop-art e coniando il termine “dematerializzazione”. nonostante questo, però, realizzò solo tre opere d’arte proprie, nelle quali si può riconoscere il pensiero analitico fatto a posteriori da Santiago Sierra.


è una sola l’opera chiave del lavoro di Masotta: Para inducir al espíritu de la imagen, del 1966, ed è questa che introduce la Performance per Delega, un tipo di azione che consiste nel l'ingaggio di persone non professioniste, tendenzialmente emarginate, per dar vita a performance che esplicitano alcuni meccanismi perversi della società e della loro quotidianità. L’opera in questione, della durata di un’ora, fu messa in atto in una sala dell’Istituto Tella. Oscar Masotta mise di fronte al pubblico quaranta anziani, uomini e donne, poveri che, posizionati in fila in piedi su un palco, vennero sottoposti a forti luci accecanti e suoni elettronici acuti ed assordanti Contemporaneamente, erano sottoposti al getto d’acqua di alcuni estintori.


Prima dell’inizio della performance, Masotta presentò l’happening: i vecchi e le vecchie performer erano state reclutate da un’agenzia di comparse teatrali e sarebbero stati remunerati. addirittura l’autore spiegò che aveva deciso di aumentare lui stesso la paga pattuita da 400 a 600 pesos. Masotta concluse la presentazione ricordando che le persone sul palco venivano pagate per essere guardate, ma soprattutto che il pubblico aveva pagato 200 pesos per guardarle e che in questa maniera si stava generando un circolo di denaro nel quale lui appariva come mediatore e nulla più.

Quest’opera, come la coeva Familia Obreara di Oscar Bony, e moltre altre opere di quel tempo, fa parte di questa corrente artistica che vede una diversa interazione tra pubblico e spettatore, investendo così l’opera di un valore intrinseco che va aldilà del puro godimento estetico ed economico ma si pone come obiettivo quello di far riflettere i fruitori riguardo differenti tematiche urgenti.



Oscar Masotta, Para inducir al espíritu de la imagen, 1966


La stessa corrente è ripresa in seguito da Santiago Sierra (Madrid 1966), artista spagnolo, criticato e che critica, che da quasi trent'anni si occupa di arte contemporanea partecipativa e concettuale, muovendosi principalmente del mondo della performance, rivisitando e rielaborando lo stile post-minimalista degli happening degli anni ‘60-’70. Tutte le sue opere sono caratterizzate dal dissenso che l’artista esplicita verso le condizioni socio politiche della contemporaneità. Sierra mira a svelare la rete perversa del potere che ispira l'alienazione,lo sfruttamento, l’ingiustizia dei rapporti di lavoro, l’iniqua distribuzione delle ricchezze prodotte dal capitalismo, la devianza di lavoro e denaro e la discriminazione razziale. i Un’altra caratteristica dei lavori di Sierra è quella di concentrarsi più sull'oggetto ottenuto a posteriori, cioè la documentazione dell’azione stessa, che diventa poi soggetto delle esposizioni, rispetto all'azione di per sé.


Confrontando l’opera di Masotta con i lavori di Santiago Sierra, si notano subito dei tratti comuni: entrambi considerano la realtà e coloro che la abitano in termini materialisti, e desiderano politicizzare tutte e tutti quelli che entravano in contatto con questo tipo di opere. L’obiettivo è quello di far analizzare al pubblico la realtà più cruda, facendo mettere in scena una categoria sociale ed economica determinata in base al genere, alla classe, all'etnia, alla disabilità o alla professione.

Un altro aspetto comune è la scelta di interessarsi ai soggetti passivi facendoli diventare attivi: anche se sembra, non sono sfruttati, dato che ricevono sempre una ricompensa in denaro. Ciò è collegato all'interesse nel dividere i gruppi sociali per formare due insiemi di esperienza inconciliabili: entrambi sono sottoposti ad un’azione perversa, ma uno dei due raggruppamenti paga per vedere il disagio dell’altro.


Si nota la volontà, sia di Masotta che di Sierra, di non dare un vero titolo alle opere, ma semplicemente scegliere un’intestazione didascalica, sottolineando due cose: da una parte l’intenzione di creare un’opera che sia di informazione e allo stesso tempo estetica, creando un distacco tra l’artista e l’opera. dall'altra, la volontà di creare un'opera artistica che funga da testimonianza, che non si celi, e presenti l'azione nella sua più cruda nudità.

Molto spesso sono stati accusati dal pubblico, dalla critica e dai loro colleghi, di essere brutali torturatori e, sia l’artista argentino che quello spagnolo, hanno sempre risposto con freddezza alle accuse, assumendosi sempre la responsabilità delle azioni messe in atto. infatti, entrambi si sono assunti “la colpa”, peccato cattolico per eccellenza. Masotta, un anno a seguito della sua performance, scrisse e pubblicò Cometì un Happening (1967) basato su un testo di "scuse". Sierra, nel 2017, intitolò Mea Culpa, la sua prima mostra antologica in Italia, al PAC di Milano, chiaro riferimento all'espiazione dei peccati. ciò che è evidente è che gli artisti condannano chiaramente, come già più volte esplicitato, il buonismo che aleggia nella nostra quotidianità, cercando di risvegliare una coscienza e una consapevolezza negli animi delle persone. Sierra e Masotta non si sentono né onniscienti né un eroi, né tanto meno dei sadici carnefici. Entrambi si contrappongono all'effimero mondo dell’arte cercando di creare arte partecipativa concettuale che denunci le logiche brutali della società capitalistica e dello spettacolo, spesso accettate consapevolmente da tutte e tutti. L’intento degli artisti è quello di provare a fornire una lente attraverso la quale impegnarsi in maniera più diretta con le contraddizioni del contesto politico e sociale, rompendo i tabù che caratterizzano la società occidentale.


BIBLIOGRAFIA


Claire Bishop, Outsourcing Authenticity? Delefated Performance in Contemporary Art, p. 111-125, in Double Agent, Claire Bishop and Mark Sladen (edit by), London, ICA, 2008


Claire Bishop, Inferni Artificiali. La politica della spettatorialietà nell’arte partecipativa., trad. it., Luca sossella Editore, Roma, 2015, pp. 115-136 e 229-241


Stefano Bucci, Santiago Sierra trasforma il clochard in opera d’arte, in «Correire della Sera», 28/05/2017, pp. 27-28


Andrea Giunta, Avant-Garde, Internationalism and Politics. Argentine Art in the Sixties, Duke University Press, Durham, 2007


Jhon King, El Di Tella y el desarollo cultural argentino en la decada del sesanta, Ediciones de Arte Gaglione, Buenos Aires, 1985


Santiago Sierra. Mea Culpa., Catalogo della mostra. Ediz. Italiana e inglese, Diego Sileo e Lutz Henke (a cura di), PAC, Milano, apr. 2017


http://www.doragarcia.net







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