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Je suis grotesque - Sul perché le mode non esistono più

Wear whatever the fuck you want - Dal post cyber body, al corpo vestito, e perché no svestito.


di Amanda Luna Ballerini


Chiedere il perché ci si possa interessare al vestiario e al suo significato è come chiedere ad una persona perché respiri o dorma. Perché è necessario, perché è meraviglioso, perché è importante; la moda, si può considerare tanto sociologica quanto artistica.

Cambiarsi, svestirsi e ricomporsi grazie a un altro vestito. Cosa c’è di più semplice e immediato? La moda è un linguaggio perfetto che racchiude arte visiva, storia, cinema, usi e costumi, adattamento, ma soprattutto rivoluzione.


Se abbiamo ancora un minimo di speranza, e non ci facciamo ammaliare dal capitalistico bisogno di vendere e lucrare sul lusso, possiamo spogliarci dalle implicazioni commerciali, con l’idea fondamentale che l’arte, di cui la moda fa certamente parte, possa cambiare il mondo e perché no, aiutarci a dargli un senso.


Una delle dee estremiste della body modification è stata l’artista francese Orlan, che nella sua performance eseguita a New Castle nel 1990, La Réincarnation de Sainte-Orlan, si auto beatifica con il vestiario e con il corpo, interpretando una madonna, una santa, una vergine. Così Orlan, dea cyber, organica e inorganica, femminile e neutra, è paladina del corpo post organico, dall’identità fluida e molteplice. Un*, tutt*, nessun*, quello che vi pare. Tutto inizia dal corpo post cyber.


In qualche modo, il vestirsi e svestirsi rimane sempre direttamente collegato alla libertà personale e a quella collettiva. Pensiamo al tutt'ora censurato capezzolo femminile, pensiamo ai punti erogeni in generale: coprirli è un dovere.


In Sociologia della Moda, Costanza Baldini si esprime molto accuratamente sul paradosso della moda, liberatrice e despota allo stesso tempo, e così cita Lipovetsky:


“La moda dunque vive di paradossi, la sua incoscienza favorisce la coscienza, le sue follie lo spirito di tolleranza, il suo mimetismo l’individualità, la sua frivolezza il rispetto dei diritti umani, e produce risultati ambigui. In altre parole, la moda matura ha creato insieme conformismo e libertà, autonomia e mimetismo, ha celebrato il principio dell’autonomia estetica individuale, ma nel far ciò ha contribuito in modo decisivo a leucimizzare le relazioni sociali e liquefare le identità sociali”

Il pantalone, sì ma skinny. La vita bassa, a zampa, l’ombelico, il non ombelico. Il collo alto. Il collo non-alto. Qualcuna di noi si ricorda ancora la prima volta che vide un jeans skinny.

Cosa rendeva quei jeans così speciali? Erano rivoluzionari? No. Erano nuovi? Sì, i jeans skinny nascono attorno al 2008. Ma soprattutto, erano sessuali. In particolar modo per i millennials, in pieno inizio pubertà, quel tipo di pantalone rappresentava una liberazione inimmaginabile. Donne, ragazzine, coi jeans aderenti a gambe e culo, potevano avere tutto quello che volevano (e da lì a poco per i ragazzi sarebbe stato lo stesso).


In un batter d’occhio, un capo che indossiamo per moda, il pantalone skinny, da sessuale diventa grottesco. Grottesco in quanto inafferrabile, una parodia di sé stesso. Una parodia di qualcuno o qualcosa che proviamo ad imitare, addosso a noi stessi.


Un’autrice di assoluto riferimento a riguardo è Patrizia Calefato, specialmente col suo Mass Moda (del 1996); il libro che racchiude i suoi studi sulla moda e sulla tesi del perché è da considerare la prima vera forma d'arte. In suo articolo datato gennaio 2021 per la rivista Dobras infatti afferma:


«Nel contesto attuale dei fashion scapes infatti, la moda è sempre meno identificabile in forma univoca, istituzionale, etnocentrica, mono-stilistica, e sempre più invece è aperta alla pluralità delle trasformazioni, alla contaminazione e traduzione culturale, alla memoria e al racconto. [...] La modalità trans-stilistica che caratterizza la moda contemporanea è dunque riconducibile al grottesco, per usare le categorie di Michail Bachtin, i cui tratti caratteristici sono: l’esagerazione, la iperbolicità, la smisuratezza, la sovrabbondanza, l’inversione semantica, l’esaltazione del “basso”, delle aperture e delle protuberanze corporee. Attraverso questi tratti, il grottesco trasforma il corpo, aprendolo alla intercorporeità.»


Possiamo sicuramente dire che la moda è direttamente proporzionale al desiderio, cosa desideriamo dire, ma anche cosa desideriamo che l’altro veda in noi. Sì, perché guardandoci allo specchio, il nostro riflesso diventa internal gaze di ciò che vorremmo proiettare - all’esterno, ma anche dentro di noi, attraverso ciò che portiamo.

Ma se le mode sono finite, oggi allora non desideriamo più niente? Che cosa vogliamo essere?


Certo, non siamo tornati alle gonne e strutture elisabettiane, che forse torneranno, però, in fondo, cosa desideriamo oggi? I filtri Instagram e i corpi da modella anni 90 stanno già scomparendo. Finalmente, tutte le tipologie di corpi e identità possono mostrare ciò che sono. O perlomeno, ci stiamo arrivando. Durante la pandemia, tante persone si sono rese conto di quanto vestirsi ogni giorno fosse potente, perché costruiva la nostra realtà. Non necessariamente qualcosa di trasformista, ma dei piccoli accorgimenti, per diventare un’altra persona, ogni giorno, anche nella noia di giornate sempre uguali.

Perché il vestito trasforma, ma ancor di più adorna, esaltando ciò che siamo e vorremmo essere. Un’arte in continuo movimento, un’arte vivente.


Un’artista contemporanea che lavora su questo tema, e che ha fatto del vestiario il centro della sua pratica artistica è Sissi. La sua mostra Vestimenti datata aprile 2020, raccoglie un’ampia selezione di sculture-abito dell’artista. Buona parte della produzione di Sissi negli anni si è infatti concentrata sulla realizzazione di abiti realizzati con i più svariati materiali, che l’artista ha sempre inteso e presentato come vere e proprie sculture, anche all’interno di ampie installazioni o di performance. Sissi si abita, si veste, veste il mondo. Sta al mondo così come il suo involucro sta al suo corpo e ai corpi che ci interagiranno.



Sissi, dettaglio da Storie di Fili diary, 2019/2020


Così, oggi, 2021, si può dire: vestiamoci e svestiamoci. Prendiamo ciò che vogliamo da ogni epoca e rendiamolo nuovo e nostro. Perché sì, questi sono tempi di rivoluzione.




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