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Crinolinomania: il piacere scomodo della moda


Franz Xaver Winterhalter, L'imperatrice Eugenia con le sue dame d'onore, 1855, olio su tela, 300 x 420 cm, Castello di Compiègne, Compiègne


Nel 1855 L’imperatrice di Francia Eugenia de Montijo, moglie di Napoleone III, si fece raffigurare da Franz Xaver Winterhalter con le sue dame d’onore in questo quadro di tre metri per quattro. Eugenia lo portò con sé in Inghilterra quando venne esiliata, e fino alla fine lo guardò con profonda nostalgia per quei tempi fastosi e soprattutto per quei vestiti principeschi. Winterhalter è stato elogiato per aver reso l'effetto cangiante delle stoffe e per aver raffigurato uno dei primi famosi pezzi di couture della storia della moda: la crinolina.


La struttura di questo sottogonna era composta da una parte superiore in stoffa, mobile, e da stecche di crine e legno che costruivano una specie cesto al contrario. Le stecche formavano una mezza sfera che sorreggeva le numerose gonne, in modo da creare una silhouette esagerata. La manifattura Thompson nel 1856 inventò la crinolina in metallo leggero, e arrivò a produrne fino a quattromila al giorno.


Gli abiti delle protagoniste del dipinto, dalle gonne larghissime e apparentemente ingombranti non impediscono alle donne di stare una di fianco all’altra. La composizione, che mescola i colori della moda con quelli della natura, fa sembrare il gruppo di donne un mazzo di fiori. Un bouquet estremamente alla moda.


Nell’Ottocento la moda inizia a trasformarsi nell’Impero che è tutt’oggi. I progressi tecnologici dell’industria aiutano da un lato a produrre abiti su scale sempre più vaste e dall’altro a far nascere, in paesi come Inghilterra e Francia, la figura del couturier. Dopo secoli di sarti, l’artigiano si stava trasformando in esteta del costume. Charles Frederick Worth è stato uno dei primi grandi couturier, che di sé stesso, senza mezzi termini, diceva:


“Io sono un grande artista, ho il colore di Delacroix e compongo. Un abito vale come un quadro.”


Che la moda sia una forma d’arte è un dato di fatto, ma come tante cose questo concetto nacque nel romanticismo del XIX secolo. Allo stesso tempo, oltre alla visione spirituale della creazione, c’era anche quella per la produzione. La metà dell’Ottocento è l’epoca della nascita dei grandi magazzini, dei cataloghi e delle riviste di moda ideate appositamente per la vendita dei capi.


Grazie agli studi di genere è ormai noto quanto l’Ottocento sia stato fondamentale per la differenziazione culturale ed estetica che si è instaurata nel binarismo uomo-donna. Ne è una prova la definizione di rosa come colore per bambine e blu come quello per maschietti che avviene proprio in questo periodo. Nella costruzione della famiglia borghese, dove spesso la donna smette di lavorare per prendersi cura della casa, anche l’abito delle persone adulte inizia a cambiare. A partire dal 1820 l’abito maschile si cristallizza nel modello a tre pezzi nero: agile, versatile, dal colore sobrio (e costoso). La qualità della stoffa e del taglio erano gli unici aspetti a cui doveva prestare attenzione un gentleman, per il resto l’importante era essere comodo per lavorare. Per questo la moda maschile continuò a servirsi dei sarti. Il couturier doveva invece inventare forme sempre nuove e abbinamenti originali per l’abbigliamento determinato come femminile. Lo stacco tra la moda maschile e quella femminile viene espresso non solo dalle scelte dei colori, ma anche nelle silhouette.

L’abito da donna zeppo di merletti era stato superato dalla moda dell’Impero Napoleonico (finito nel 1814) che aveva riportato in auge lo stile dell’Antica Grecia fatto di morbidi drappi e zero corpetti. Ma con il restaurarsi della monarchia, e con il Secondo Impero, si cerca di tornare a un fasto aristocratico, che pescava le sue fonti dal Medioevo e dal Rinascimento, come succedeva anche nelle arti visive e in architettura. La libertà di movimento della donna rivoluzionaria francese è in contrasto con i modelli di abbigliamento della donna del Secondo Impero, che spesso non lavora ed esprime con i suoi accessori il potere economico del marito. Tornarono così i corpetti, ma non erano mai stati così stretti. La silhouette delle donne si fece estrema: gli attributi sessuali, come il seno, il punto vita e i fianchi larghi furono esagerati da alcuni modelli di abito, fra cui, appunto, la crinolina.

Questo capo nasce intorno al 1830, e per decenni resta il modello di gonna più desiderato dalle ragazze e dalle signore. La tipologia di gonna gonfia, con una piccola impalcatura sottostante, è pressoché sempre esistita nella moda occidentale: dall’antica Grecia al Rococò, era normale indossare altre gonne sotto quella principale per dare volume, o avere delle sospensioni laterali che allargassero la figura dei fianchi. Ma con la crinolina si arrivò ad un eccesso simile a quello dell’utilizzo smodato del corpetto.


L’estrema popolarità della crinolina va di pari passo con le accuse che si attira: da subito sui giornali di tutto il mondo vengono pubblicate lettere, vignette e articoli di cronaca che criticano aspramente questo tipo di abbigliamento. Eppure, le donne continuano a indossarlo almeno fino al 1870. Fu chiamata crinolinomania. La crinolina era la gonna di regine e imperatrici, e per la prima volta l’accesso a modelli simili a quelli delle potenti era davvero diventato di massa. Anche se non fu sicuramente un abito per tutte, era indossato anche dalle domestiche e arrivò fino alle colonie, diventando un modello di popolarità internazionale. L’accusa principale che si leggeva sui giornali era quella che le crinoline occupassero troppo spazio, rubandolo agli uomini e impedendogli di avvicinarsi alle donne per parlarci. Un altro motivo per cui agli uomini non piaceva per niente la crinolina erano gli incidenti e le morti che la cronaca riportò in continuazione per decenni: incendi, incidenti stradali e cadute mortali erano riportati spesso sulla stampa, dando colpa alla larghezza e all’infiammabilità della gonna.


Una prima lettura femminista, pubblicata nell’articolo The Exquisite Slave del 1977 da Helene E. Roberts, vede corpetto e crinolina come simboli della costrizione morale e sociale della donna ottocentesca, incastrata per la prima volta non solo nella morale religiosa ma ora anche in quella borghese. Corpetto e crinolina, quindi, non indicherebbero solo la fissità economica delle donne, che non devono essere comode per lavorare, ma anche quella sessuale e sociale. Altri studi hanno però preso in considerazione il concetto di piacere che si applica alla moda come all’arte o qualsivoglia esperienza estetica e di relazione. Corpetto e crinolina sono sì costringenti, ma anche mezzi di forte espressione erotica. Nella pudica Inghilterra Vittoriana, mostrare spalle e caviglie era un elemento altamente seduttivo. La crinolina, con la sua struttura rigida, muovendosi durante la camminata esagerava l’andamento naturale delle anche, proprio come ha fatto la vita bassa per le donne millennials.


La storica dell’arte Lynda Nead, partendo dalla fenomenologia del piacere nella moda ha compiuto una ricerca di microstoria esposta nel 2014: ha analizzato delle lettere private scritte tra due giovani donne del 1867. Uno degli argomenti principali tra le due amiche che vivevano lontane sono le feste e i vestiti che hanno indossato o hanno visto indossare. Le descrizioni di ciò che vedevano ai balli aveva lo stesso tenore della descrizione di un dipinto o di un museo: esprimevano un vero piacere estetico e dei sensi, alimentato anche dalla socializzazione portata dalla moda. Le stoffe, i colori, i movimenti degli accessori danno l’input a un’esperienza estetica e allo stesso tempo a un’esperienza sociale.

Sono gli stessi anni in cui la moda inizia a cambiare di decennio in decennio, iniziando a innestare un sentimento che conosciamo molto bene: la nostalgia. Le ragazze parlano tra loro ricordandosi di alcuni periodi della loro vita riferendosi ai vestiti che indossavano, ed è la stessa emozione che l’imperatrice Eugenia provò questa emozione all’infinito guardando e riguardando il dipinto di Franz Xaver Winterhalter.


Sia nella percezione dell’epoca che in quella della storia dell’arte contemporanea la crinolina ha presentato sempre dei paradossi: nell’Ottocento non piaceva agli uomini (a parte ai couturier) e le donne la adoravano, eppure nel Novecento fu letta come una costrizione imposta dai primi sulle seconde. E se invece la moda della crinolina non fosse un modo di provare appartenenza e desiderio nell’esperienza ottica e aptica dei colori e dei tessuti, e della socialità della moda? Forse gli abiti dell’Ottocento furono anche un modo per emanciparsi dalla noia della vita borghese e casalinga, esprimendo i propri desideri solo ai balli e ai ricevimenti in cui era possibile sentirsi à la mode.


Bibliografia


Daniel James Cole, Nancy Deihl, The History of Modern Fashion. From 1850 , Laurence King Publishing, Londra, 2015


Karen Bowman, Corsets & Codpieces, A Social History of Outrageous Fashion, Pen & Sword Books, Barnsley, 2016


Carlo Marco Belfanti, Civiltà della moda, Il Mulino, Bologna, 2008


Helene E. Roberts, The Exquisite Slave: The Role of Clothes in the Making of the Victorian Woman, in "Signs", vol. 2, n. 3, The University of Chicago Press, 1977


The Crinoline Cage, conferenza della dottoressa Lynda Nead, visiting professor in storia dell'arte presso il Gresham College, Università di Londra , 2014

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