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Contro la macchina: l'espressionismo tedesco

Dresda, 1905. Quattro studenti appena ventenni si incontrano alla facoltà di Architettura. Fondano un gruppo, Die Brucke Si chiamano Ernst Ludwig Kirchner, Erich Heckel, Fritz Bleyl e Carl Schmit Rottluff. Quel gruppo che diventerà uno dei movimenti che cambieranno l’arte del ‘900 : l’espressionismo tedesco.


Sono colti, irrequieti, hanno in comune l’amore per l’arte e un forte bisogno di superare i confini tracciati dalla cultura ufficiale. Lo stesso anno ne scrivono il manifesto. L’idea del nome, che significa “il ponte”, è ispirata a un passo di Cosi parlo Zarathustra, di Friedrich Nietzche: “la grandezza dell’uomo è che egli è un ponte e non un fine: ciò che amiamo dell’uomo è che è un passaggio ed un declino”. Il testo del manifesto è una xilografia di Kirchner: un inno ai giovani ad unirsi per riconquistare la libertà di creazione genuina e sincera.


Siamo nella Germania di inizio ‘900, una Germania dove il progresso scientifico e produttivo stanno ormai cambiando il volto della società. Sono gli anni dell’affermazione delle grandi industrie. Macchina, denaro e redditività economica sembrano ormai essere i nuovi valori su cui si basa la realtà. Tutto cambia. Inizia ad essere percepito un forte senso di solitudine, di alienazione. Soprattutto i giovani iniziano ad avvertire un disagio nei confronti del lavoro meccanico, razionale e nei confronti della città che si trasforma, che si automatizza, che schiaccia e soffoca.


I quattro giovani, a cui poi se ne aggiungeranno altri, vogliono recuperare la dimensione umana, puntando a una creazione artistica genuina e quasi primitiva. Per questo scelgono il nome di espressionismo: vogliono lasciare sulla tela una traccia che provenga da una dimensione interiore, che esprima quei sentimenti minacciati dal nuovo mondo che si profila.


Gli espressionisti cercano di combattere questa nuova civilizzazione, moderna e meccanica, opponendovi il valore dello spirito, del Geist, che è spirito, intelletto ed istinto insieme, rivendicandolo orgogliosamente contro la razionalità.


Die Brücke assume fin dal suo inizio, in antagonismo all’assetto sociale, un carattere di gilda medievale: gli artisti vivono e lavorano in comune dedicandosi molto al lavoro di tipo artigianale. Da qui l’importanza della grafica e della xilografia (da cui il manifesto stesso), ma anche di tutte le tecniche artigianali, popolari e profondamente radicate nella tradizione artistica tedesca. Tecniche che permettono di imprimere, anche con un atto di forza, l’immagine sulla materia.


E dato il momento storico in cui nasce, l’espressionismo tedesco si pone fin dai suoi esordi come portavoce del problema sociale. Sono le lotte proletarie, dei poveri e di tutte le categorie di persone che sono state investite e travolte da questa nuova modernità ad essere protagoniste.


Ernst Ludwig Kirchner, I pittori della Brücke, 1925. Olio su tela, 125 x 167 cm.

Da sinistra: Müller, Kirchner, Heckel e Schmidt-Rotluff


Così Kirchner racconta i nuovi malesseri, la solitudine e lo straniamento che nascono nella giungla della nuova metropoli. Schmitt con i suoi paesaggi ed i suoi nudi ne descrive la dinamicità e la violenza, Munch descrive l’angoscia e il soffocamento dell’uomo.


L’arte espressionista è stata forse una delle prime a scandalizzare e turbare il pubblico, non a caso i fratelli francesi dei Die Brucke si fecero chiamare i Fauves, i selvaggi. Entrambi frastornavano e confondevano l’opinione pubblica per la violenza imposta sulla natura e sulla bellezza. Interpretazioni che fino a quel momento erano state prerogativa del caricaturista e del comico, non dell’artista.


L’artista non si era mai spinto fino a mostrare la bruttezza dell’uomo e della sua psiche. Ma Kirchner, Munch, Heckel o Bleyl, pensavano che un grido d’angoscia non avesse nulla di esteticamente bello, ma che fosse bello nel suo essere terribile. Gli espressionisti partecipavano tanto alla sofferenza umana, alla violenza e all’irrequietezza, da non poter più soffermarsi solo sull’armonia e sulla bellezza delle forme.


Per il gruppo di Die brucke l’arte dei maestri classici, di Raffaello, Tiziano, o Correggio, non è più adeguata. Solo con l’espressionismo possono affrontare i crudi fatti dell’esistenza. Ce l’hanno fatta e l’arte, da allora, non è più stata la stessa.


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