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Carla Accardi: il manifesto di una rivolta

Aggiornamento: 12 nov 2021

Da un lato il tratto del segno colore, e dall’altro la militanza femminista. L’elemento in comune fra i due? La continua ricerca, approfondimento ed esaltazione del pensiero. Se infatti con la produzione artistica Carla Accardi sposa fin dal 1947 l’astrattismo italiano, condividendo il pensiero del Gruppo Forma 1, dicendo “ci interessa la forma del limone, non il limone”, è con gli anni Settanta che la sua voce diventa una delle più importanti del movimento femminista italiano, accanto a quello di Carla Lonzi ed Elvira Banotti.


Carla Accardi nasce nel 1914 a Trapani, da una famiglia benestante. Si sposta a Palermo e Firenze per studiare pittura, per poi trasferirsi nella capitale. Unica donna del Gruppo Forma 1, di ideologia formalista marxista, promuove insieme a altri artisti un’arte strutturata ma non realista, dove La forma ed il segno hanno più importanza del valore simbolico e psicologico. Sarà questa sempre maggior propensione all’astrattismo che li porterà a rompere con lo stesso Partito Comunista. Dal punto di vista formale, è l’evoluzione del colore a dare forma alla panoramica artistica di Carla Accardi: dai segni in bianco e nero, che a volte sfumano nel rosso e nel terracotta, vediamo come i colori si facciano sempre più luminescenti negli anni Sessanta, quando le opere diventano vive e cromatiche, per poi passare ai tenui colori pastello degli anni Settanta, fatti di rosa, grigio e bianco velato.


Dal 1953, dopo il periodo del gruppo Forma 1, si avvicina a quello che rimarrà uno dei fil rouge della sua ricerca: il segno. Le sue opere non sono più meramente astratte, ma si costruiscono su un sistema di simboli e segni, appunto, che la avvicinano al movimento Informale, teorizzato da Michel Tapié. È proprio quest’ultimo a incoraggiare l’artista e a introdurla nell’ambiente parigino, che la porterà ad un successo internazionale. Un momento saliente è il suo approdo alla Biennale di Venezia, dove le è assegnata una sala personale nel 1964. Nello stesso periodo, la sua ricerca costante la porta ad accostarsi all’espressionismo astratto da un lato, e a nuove forme di supporto dall’altro, creando le prime Tende. Le Tende sono opere spaziali che superano la pittura da cavalletto, diventando delle installazioni, e sono realizzate con materiali innovativi come il sicofol, dei fogli di acetato simili a una plastica semi rigida, destinata ad un degrado irreversibile.


Con l’apparizione a Venezia del 1964, è Carla Lonzi ad occuparsi dei testi dedicati alle sue opere, sancendo quello che sarà un profondo rapporto intellettuale e di amicizia con la Accardi. Carla Lonzi è una storica dell’arte di formazione, allontanatasi dall’ambiente accademico per stare vicino alle artiste, nell’ottica di una critica militante. La sua militanza fu anche politica, e la vide come una delle maggiori esponenti del femminismo italiano. Accardi e Lonzi collaborano per anni sia in campo artistico che politico, partecipando insieme alla creazione del Manifesto di Rivolta Femminista.

Le autrici del Manifesto individuavano nel Marxismo la via da intraprendere per scardinare il sistema di oppressione della donna, ma ne riconoscevano anche una problematica intrinseca: essere un’ideologia basata in sé su un sistema patriarcale e del non aver riconosciuto il lavoro domestico della donna come un mezzo fondamentale di sussistenza del capitalismo : “La dialettica servo-padrone è una regolazione di conti tra collettivi di uomini: essa non prevede la liberazione della donna, il grande oppresso della civiltà patriarcale”. In questo senso il Manifesto del 1970 è un testo veramente rivoluzionario e tuttora attuale, per il suo carattere di lotta universale e collettiva, perché auspica ad una rivoluzione completa, contro tutte le disuguaglianze e contro un modello sociale ed economico che si basa su una gerarchia sociale fatta di oppressi ed oppressori, e su una catena di sfruttamenti. Le giovani militanti degli anni Settanta italiani ebbero un’importante epifania: “Abbiamo guardato per 4000 anni: adesso abbiamo visto!”.


Tuttavia il rapporto tra arte e politica fu proprio uno dei motivi per cui la Accardi si allontanò anche da Carla Lonzi e dal Movimento Femminista, semplicemente perché volle scegliere l’arte piuttosto che la militanza politica. Anzi, ribadì spesso che la sua arte non fosse intrinsecamente legata a una ideologia. In un’intervista di Paolo Vagheggi, Carla Accardi dichiara: “La politica mi coinvolge come essere umano ma non come artista.” . quando le viene chiesto perché non avesse rinnovato la tessera al partito comunista nel 1956 - dopo i fatti dell’Ungheria - l’artista risponde: ‘’Seguivo la mia ispirazione d’arte, importantissima, non il partito comunista’’.


Carla Accardi non legò mai la sua produzione artistica ai movimenti politici di cui fa parte, né con il gruppo Forma 1 né durante il periodo di militanza femminista, e anche questo è un modo per liberarsi da qualsivoglia imposizione, seguendo una ricerca artistica personale di forme e segni, pur comprendendo a fondo il mondo in cui essi erano realizzati : “Ma il segno non è solo uno sfogo dell’inconscio. È espressione artistica e linguaggio. Un segno esiste in rapporto ad altri dal momento che forma con essi una struttura. Il mio scopo è di rappresentare l’impulso vitale che è nel mondo”.


Bibliografia


Véronique Goudinoux, « Carla Accardi », in «Critique d’art», numero 19, primavera 2002


Paolo Vagheggi, La vita non è arte. L’arte è vita, intervista a Carla Accardi, in Carla Accardi, catalogo della mostra, a cura di Danilo Eccher, Roma, MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma, 19 settembre 2004 – 9 gennaio 2005, Mondadori Electa, Milano, 2004, pp. 96-121


Carla Lonzi, Manifesto di rivolta femminista in Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, Gammalibri, Milano, 1982


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